Oggi vi parlerò in breve del fulmine a
ciel sereno che mi ha colpito in pieno a inizio estate: per la prima volta ho
sentito dal vivo il gruppo dei Menestrelli di Banafratta.
L’atmosfera che si era creata andava dal surreale all’impossibile.
Incapace di muovermi mentre i miei amici ballavano, ridevano, io avevo paura
che se anche un piccolo muscolo del mio corpo si fosse spostato di un solo
centimetro quell’incanto sarebbe finito.
Mi ha colpito subito la spontaneità, naturalezza, grinta, spigliatezza di Viviana, la cantante, che è capace di trascinare tutto e tutti in un vortice di illusionistica realtà: sei lì e al momento stesso stai correndo nei prati scalzo con fiere e fauni d’intorno. Per non parlare dell’armonia, la perfetta simbiosi che trasudava dalle loro note, i movimenti in sincronia. Finito il concerto ho subito mandato il mio emissario di fiducia a carpire i segreti di quelle melodie e di lì a poco sapevo a memoria ognuna delle cinque canzoni contenute nell’EP:
El Buttero, una rincorsa nelle lande toscane tra l’uomo e l’animale,
passione e ritmo euforia e gioco, se ascolti bene puoi sentire Carducci che
litiga con Fattori sul significato di “bestia” mentre entrambi si lasciano
scappare questa scena, l’avessero vista l’avrebbero decantata, menomale ci
hanno pensato i Menestrelli.
“Lo afferrò da dietro
lo guardò nel viso
gli spuntò un sorriso
perché una donna era!
Alla luce della luna
era nato un amore
e senza parole
l'afferò da dietro...”
Alice,
forse la più pop e commerciale, cavalca il momento e l’esigenza di sogno che
pervade questi anni, ma se estrapoliamo i termini “Cappellaio”, “Regina di
Cuori” e “Alice” dal mero consumismo ci accorgiamo di come la favola sia
trattata con un tono di ironia fascinosa e affascinate, serietà dell’effimero,
ossimoro già solo se messo in musica.
“…ad ogni sua richiesta non esaudita essa, crudele, spegneva una vita…”
Limbo è la mia preferita, con questo non si può ascoltare nulla di
quanto dirò a riguardo perché sarà indubbiamente e necessariamente colato dal
mio amore per quelle sonorità, quelle parole, quella melodia così poeticamente
sublimi. E forse è la canzone che più va ascoltata con impegno e attenzione per
non dare subito un giudizio affrettato del tipo “ ma è lenta, ma è pallosa, ma
è….” No. È sublime. Punto.
"Ho vissuto in inutilità
ho agito con instabilità
decisa nell'indecisione, ora sto qua
come in vita, divisa a metà
in questo Limbo per l'eternità."
Rosaspina, ok, forse è questa la mia preferita: la voce conturbante che
abbiamo sentito nella quarta canzone torna qui ancora più potente e coadiuvata
da basso, chitarra e batteria in un crescendo che ha il suo spannung negli
“Aghi e spago” iniziali. Potente, provocante, seducente e potrei continuare
così all’infinito. Di nuovo l’ispirazione viene dalle favole però non è la
Disney a dirigere, direi piuttosto un Tim Burton con un pizzico di Brian de
Palma e qualche goccia di Tarantino. Una vera bomba che scoppia e ti fa…
svegliare!
"...Time, as a wave
washes the memories away
and everything we trust
is going to be dust"
Ovviamente le ho ascoltate per quattro
giorni di fila in loop durante il mio ritiro monastico da disegno disperato in
vista della tesi, quindi posso affermare che il segno ed i colori che hanno
caratterizzato il mio book sono in parte intrisi di quelle sonorità bucolico
panteistiche, onirico psichedeliche che sono le canzoni dei Menestrelli.
Ma forse a voi di tutto questo non
interessa granché, allora passo ad illustrarvi in breve chi sono e perché sono,
come si legge dalla pagina FB infatti:
"I
Menestrelli nascono innanzitutto come gruppo di amici; c'è chi è arrivato
prima, chi dopo. Nell'estate del 2013 iniziano a suonare e comporre brani
propri, incontrandosi nella soffitta del chitarrista (Nico).Presto scoprono di
avere grande affinità musicale, nonostante ogni singolo membro provenga da
percorsi di studio e influenze musicali differenti. A
gennaio dispongono già di 10 brani propri, e decidono di uscire allo scoperto
registrando il loro primo EP "Sveglia!", composto da 5 brani che
combinano folk, rock, blues e progressive dai colori orientali, mirando ad una
varietà originale di genere e stile in grado di soddisfare un vasto pubblico. Il
nome del gruppo, nella sua apparente improbabilità, ha un senso. I
"menestrelli" erano, in età feudale, i cantastorie e musicisti di
corte. Molte canzoni del gruppo si rifanno a questa idea, citando e
rielaborando storie e fiabe. La seconda parte del nome, "Banafratta",
non ha un preciso significato in quanto si tratta di una parola inventata, ma i
Menestrelli attribuiscono a questa parola il luogo immaginario da dove essi
stessi provengono e dove le storie dell'immaginario comune prendono forma,
destinate a perdurare nel tempo."
In tutto i ragazzi sono cinque
abbiamo Viviana Marino alla voce, Gianni Capecchi e Nico
Signorini alla chitarra, Matteo Ascani al basso
e Ravi di Tuccio alla batteria. Sempre dalla pagina ufficiale
del gruppo sul social FB si legge che il loro stile è un insieme di Progressive
Rock, Folk Rock, Alternative e Pop (e
aggiungo io, anche un po’ Indie).
Il 20
ottobre, ovvero lunedì scorso, è uscito il loro primo videoclip per la canzone “La Danza Degli
Uomini”, diretto da Erika
Vivarelli. Qualche considerazione a casaccio e poi vi lascio
all’ascolto/visione di questa canzone. Innanzitutto l’ambientazione:una
location immersa nei boschi, intrisa di umido, verde, tronchi, natura. Le
sfocature e il ritmo delle immagini che rallenta e corre più veloce rende bene
il senso di instabilità denunciato dalle parole e le note stesse della canzone.
Le figure del Tempo e dell’uomo in catene sono molto curate sia nei costumi che
nel trucco, le riprese li valorizzano e aumentano l'aura di mistero che di per
se' emanano. Ho trovato molto belli ed evocativi i volti di ogni
"personaggio", le ninfe (i loro piedi),
l’uomo, il Tempo, il Narciso con lo
specchio.
Il vestito di
Viviana è favoloso, il colore è perfetto, e si addice al suo ruolo di musa
narrante; se proprio vogliamo trovare un neo sono gli abiti delle baccanti un
po' troppo corposi e statici, avrei preferito uno chiffon al cotone per segnare
una fluidità di visione in accordo col senso della canzone.
(cliccate sul link e guardate!)
Ampliando le considerazioni dalla mera
osservazione agli specultativi collegamenti ipertestuali che potremmo fare, ci
ho rivisto dentro, sublimate e passate al setaccio, delle poetiche di Jodorwsky e della sua Montagna Sacra del
’73. Levando la macabra processione di conigli morti, le varie scene truci che
risentono di tutte le sperimentazioni di Body Art e Azionismo, ho visto una
somiglianza nel concetto del Tempo, dell’affannarsi per una vita della quale non si sa poi
quale sia la vera essenza.
“Spingo continuamente il tempo, sulla montagna dell’eternità”
Still da "La Montagna Sacra" - 1973 - A. Jodorowsky |
Ed è proprio su quella montagna che nel film questi individui cercano l’Immortalità, finendo col non trovare più un perché di questa indagine, con una scena da meta-cinema alla The Truman Show.
Un percorso
catartico in entrambi i casi, sempre in sintonia per la ricerca, la curiositas, il
perdersi nel dedalo della vita come l’Ulisse di Joyce. Il tempio entro cui il
Tempo passeggia ed il Narciso si rimira altro non è che il bar dove gli “eroi”
di Jodorowsky approdano prima di raggiungere la vetta. E come non pensare all’Ofelia di Millais quando il narciso s’immerge o si rimira nel fiume.
Bene, direi che posso fermarmi qui
altrimenti vi finisco a parlare del panta rei, di Eraclito, di Lorenzo il Magnifico e della sua
Giovinezza così bella ma sfuggente. Spero di avervi incuriosito e di avervi
convinto all’ascolto di questo favoloso gruppo, i Menestrelli di
Banafratta, li potrete sentire il prossimo 8 novembre a Palaia, in provincia di Pisa, presso il circolo Soms, per maggiori info clicatte qui sotto.
Nessun commento:
Posta un commento