Aspetto Joana, sono in auto, è tardi. La visita
sarebbe iniziata di lì a mezz’ora. Davanti a noi il traffico di Firenze delle
17:30 di martedì. C’è da scegliere se prendere i viali o passare per il
piazzale Michelangelo, optiamo per il piazzale. Ovviamente la scelta è sbagliata,
sono le 18:00 quando riusciamo a parcheggiare l’auto di straforo vicino a Porta
Romana e decidiamo di andare a piedi, fino a Villa Bardini. Venti minuti di
camminata a passo svelto tra i bus, la gente, le macchine, i negozi e le
sorprese di Firenze. Per la strada qualche metro prima di entrare per la visita mi
blocco davanti ad un carinissimo laboratorio di ceramica. -Mi fermerò dopo se è
aperto- mi dico, e proseguo per la salita.
Arriviamo che la guida già
ha iniziato a spiegare. Parla velocemente, ma con decisione e senza mangiarsi
le parole, la sensazione che trasmette è a metà tra fretta di concludere e voglia
di far vedere quanto è brava. Perché si, è brava, e lo sa anche lei. Io sudata,
con la nuova borsa in pelle sotto braccio, terminata quel pomeriggio e fatta
recuperando gli scarti di un mio precedente lavoro, tiro fuori penna e blocchetto
e inizio a prendere appunti.
Dunque veniamo a noi, nella
velocità con cui ci inonda di informazioni colgo riguardo al quadro di turno
che è un desco da parto, un regalo
per le partorienti di nobile famiglia che si usava fare nel Quattrocento. La
sua narrazione è non mnemonica ma vincente, sa esattamente ogni fatto
riguardante le opere, o per lo meno ne sa più di noi.
San Giorgio e il Drago, 1450
Paolo Uccello, magico, mi ha sempre affascinato, questa cura maniacale dei
dettagli e questa ottusità nella ricerca della prospettiva, ha elementi gotici
certo (che broccato ha la principessa in quella sua sopravveste!) ma ognuno si
ricava il suo spazio nel dipinto, nessuno si disturba, nessuno si intralcia,
ecco perché si considera anche rinascimentale. Prosegue parlando del simbolo
del quadro, gli aneddoti li adora, quando li racconta si avverte un
compiacimento contemporaneo al nostro stupore nell’ascolto. 1437 concilio di
Firenze, un sacco di soldi per i fiorentini, la Chiesa Romana e Bizantina che
si adulano e si congratulano della loro amicizia. San Giorgio li rappresenta,
insieme sconfiggono le eresie: il drago.
Fonte: Atlante dell'Arte Italiana |
Si passa a Donatello, una lastra in bronzo col Martirio di San Sebastiano, e lui si che era un genio, non lo dico per dire, andate a vederlo, non si può capire se non ci si è mai trovati davanti ad uno dei suoi stiacciati. Fantastico, ecco che prende spunto da Brunelleschi e che fa? Riproduce la prospettiva, ma meglio ancora la profondità, nella scultura. Nota da quiz del Trivial Pursuit (lo ammetto non lo sapevo nemmeno io) l’aureola che noi comunemente definiamo come alone dorato attorno alla testa si chiama in realtà nimbo, da nimbus cioè nuvola, invece il termine aureola rappresenta una luminescenza che contorna tutto il corpo, così ci spiega divertita la guida.
Passiamo ad altre sale, mi
accorgo che i miei compagni di viaggio sono tutti vecchi, e sì perché io mi
sono infilata in questa visita grazie al circolo culturale della banca dove
lavora mia mamma, lei ovviamente non è venuta. Non so dire se queste persone siano
qui per interesse o per interesse, ma
con i bancari non si può mai dire.
Stefano Bardini - Fonte:Wikipedia |
Ci giungono note sulla
figura di Bardini collezionista e di quanto a volte avesse imbrogliato gli
acquirenti vendendo dei falsi, come il clamoroso caso del Botticelli, che assomiglia
più a un Modigliani come fa notare un uomo del gruppo, in realtà ottocentesco,
venduto pare ad una cifra che oggi equivarrebbe ad un milione di euro.
L’attenzione si sposta sulla
Sibilla Cumana dei Della Robbia, e sulle ceramiche la ragazza era molto ferrata
-Una vera passione - ci spiega.
Terracotta invetriata policroma, un primo fuoco
per ottenere il biscotto, un secondo per far aderire i pigmenti di colore ed un
terzo per la polvere di vetro che poi si scioglie e rende l’oggetto resistente
nel tempo e lucido. Il festone di fiori e frutta che circonda la Sibilla ha
anche dei melograni, simbolo della Chiesa madre che al suo interno ha le varie
diocesi. Qui il dato folkloristico ci viene dalla leggenda della figura
rappresentata: ella chiese di diventare immortale ad Apollo, ma si dimenticò di
aggiungere anche “eternamente bella e giovane”, e dunque finì con
l’invecchiare, diventare sempre più piccola, sempre più curva, finché non venne
rinchiusa in una gabbia, portata al tempio del Dio dove scomparve del tutto e
ne rimase solo la voce.
Veduta di Palazzo Pitti e Boboli nella lunetta di Giusto Utens del 1599 (Museo di Firenze com'era, Firenze) - Fonte: Wikipedia |
Si prosegue con un ritratto
di Eleonora di Toledo, sposata con Cosimo I, si amavano molto, ebbero undici
figli, morì di tisi, fu lei a comprare la residenza “fuori sede” di palazzo
Pitti, lontano da Palazzo Vecchio, per camminare e respirare aria buona. Con
questa scusa fece sgomberare i campi vicini per costruire il giardino, si ma
ebbe compassione delle famiglie cacciate, diede un nome al parco che potesse
ricordarli, lo chiamò Boboli, dalla famiglia Borgoli, il nesso che li lega però
non ce lo ha spiegato.
Fonte: Artemagazine |
1470, Madonna con Bambino di
Botticelli, unica opera interamente
di sua mano, la figura in piedi del Gesù Bambino è ripresa dal Perugino, il
quale mai li dipingeva in altre posizioni.
Si passa in un’altra sala, ci sono
delle ceramiche, delle maioliche invetriate di Deruta che nel Cinquecento si
son viste sfuggire il primato nell’indice di gradimento per colpa della terra cinese
del Gao Ling (che significa alta collina), da cui deriva la parola italiana caolino. La porcellana infatti era conosciuta fin dai
viaggi di Marco Polo, però solo nel Rinascimento l’abbiamo a Firenze, infatti
Francesco I Medici importa il caolino dalla Cina per produrre oggetti. Qui ci
sono due bellissimi acquamanili bianchi e blu, oggetti usati per lavarsi le
mani tra le varie portate, il tovagliolo sarà introdotto poi nel Seicento. Dato
nozionistico: solo nel ‘700 a Dresda si scopre la prima cava di caolino e nasce
la manifattura di Meissen.
Passiamo davanti ad un
pannello del Verrocchio (orafo, scultore, pittore maestro di Leonardo, avete
presente? Un uomo molto attento ai dettagli e capace di far tutto) eseguito per
un cassone nuziale della famiglia Mannelli, vi è rappresentato un corteo, non
ricordo cosa riguardasse, ma le finiture dei paramenti da cavalli sono sublimi
e raffinate, in foglia d’oro e non tempera dorata, quanta perizia!
L’ultimo cambio di sala,
sono in prima fila finalmente, la gente è stanca, la guida incalza, c’è chi è già
alla seconda pausa sigaretta. Mi trovo davanti al Manegna, Ecce Homo, e la mente ritorna a qualche mese fa, all’esame fatidico
quando la prof. mi chiese il suo San
Giacomo condotto al Martirio, dove ci sono rimandi al San Giorgio di Donatello col suo scudo, dove il Rinascimento
Archeologico padovano della bottega dello Suqarcione è lampante e dove la
bandiera tenuta in mano da una guardia che si gonfia al vento sarà elemento
prospettico centrale nella Pala Pesaro
di Tiziano. Mi perdo qualche frase mentre penso a questo, intanto noto la
somiglianza con l’altro grande Ecce Homo
precedente, quello che ha portato la pittura ad olio in Italia, quello di
Antonello da Messina che si trova a Genova. Continua con la descrizione
dell’opera, le figure dietro sono ebree, da cosa si capisce? Una di loro ad
esempio porta un turbante giallo ocra e, si sa, nel passato solo prostitute ed
ebrei portavano questo colore, chi in testa chi nelle maniche delle vesti, così
potevi riconoscerli subito e scansarli, oppure avvicinarne una.
Dopo qualche altro resoconto
su quadri e bronzetti è finita, siamo fuori e ci gustiamo il nostro meritato ma
parco aperitivo, senza luci né panchine per sedersi, venti minuti e tutti hanno
finito, si congratulano con gli organizzatori della visita e fanno
apprezzamenti sulla preparazione della guida. Per quanto mi riguarda quella
alla mostra Il Rinascimento da Firenze a
Parigi. Andata e ritorno è stata una visita piacevole, completa di jogging,
aperitivo e tanti, tanti aneddoti.
PS: Una volta uscite, io e
Joana, ci fermiamo davanti al laboratorio di ceramica Bottega d'Arte di Emma Draghi notato all’andata, un piccolo
posto che trasuda aria di casa, passione, voglia di lavorare, ingegno e gioventù.
E’ sempre bello vedere che nonostante la crisi qualcuno ci prova davvero a dare vita al proprio sogno!