lunedì 20 gennaio 2014

Svev(o)ironico


Al teatro per la terza volta, armata di Pergola26, dopo una stancante giornata di lavoro mi accingo, in buona compagnia, a sedermi in platea, fila N posto 229. Dopo un bel po’ di tempo mi trovo nuovamente faccia a faccia col mio Autore (Svevo) e la sua opera più conosciuta: La Coscienza di Zeno. 



Questa edizione teatrale, curata dal regista Maurizio Scaparro derivata dall’adattamento degli anni ’60 di Tullio Kezich, ha fatto riaffiorare alla mia mente i 16 anni di una volta: dopo aver vinto il primo premio con una tesi a proposito dell’Inetto per eccellenza ad un concorso letterario e aver lavorato al tema per la tesina del liceo sembra passata Una Vita.


Avevo sempre immaginato uno Zeno Cosini malinconicamente joyciano e disperatamente baudelaireiano, quello che invece mi trovo davanti è un sopravvissuto: lui non crede nella vita, propria o altrui, l’unica certezza è la morte ineluttabile (Nietzche?) che lui attende, non con angoscia o delirio, ma in serena rassegnazione (no, forse più un Arlecchino in fin di vita). 

Un attore brillante Giuseppe Pambieri che mette in scena un personaggio per nulla alieno, anzi partecipe delle (nostre) sofferenze. Mentre tutti intorno si affannano per risolvere la quadratura del cerchio della vita, lui li segue, e lascia che siano loro a decidere, con disincantato interesse. A sentir lui è una vita misera la sua, andate a chiederlo a Moll Flanders; no, Zeno Cosini non ha avuto una misera vita: borghese, agiato grazie ad una rendita, prende moglie, amante e non si lascia morire.


Forse si lascia vivere, ma non sono questi i problemi, come lui steso afferma: di fronte al dolore per la propria morte il resto è futile e menzognero. “La vita non è né bella né brutta, ma originale”, confida ad un amico, e come si intona alla perfezione la sonata per pianoforte n°11 in la maggiore K 331 di Mozart suonata da Ada, quasi profetica, rivelatrice del suo imminente futuro disastrato.


Le donne (primo novecentesche degne di un quadro di Boldini) sembrano regalarci una panoramica lombrosiana di topoi femminili: troviamo la madre risoluta, la madre comprensiva, la madre in depressione, la ragazzina, l’amante, la consolatrice, la piccosa. Alla luce di quanto afferma Freud del complesso di Edipo, Zeno (Svevo) è ossessionato dalla figura della madre, innominata ma persistente nella sua ricerca altrove.

Interni Art Nouveau avvolgono l’episodio con precisione e discrezione, ma più che l’ambientazione è il tempo, il dato più fedele alla storia scritta: un tempo spezzato, frantumato, interrotto e poi ripreso. La narrazione prende avvio infatti nello studio dello psicanalista e prosegue con flashback e ritorni al futuro della vita di Cosini, segnati da quinte che si chiudono sul tableau vivant dell’attimo appena descritto, per lasciare spazio allo stream of consciousness del protagonista.


Si può dire sia stato il trionfo dei mezzi toni emozionali, mai eccessi, tranne forse qualche nota in clausola, tutto questo per merito di uno Zeno che prende la vita e la accompagna, senza pretese, ambizioni, speranze o turbamenti. Così si ritrova a pensare alla guerra, che arriva senza il suo permesso, senza trombette o alabarde, col suono dei cannoni dal Friuli, con ordigni exrta-umani, macchine stranianti, bombe atomiche. 




"Forse attraverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. 
Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo  fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile... Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po' più ammalato, ruberà tale esplosivo e s'arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto sarà massimo. 
Ci sarà un'esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e malattie"




Svevo conclude il libro in modo severo con questa riflessione sul futuro dell’umanità legata all’elemento inanime e alieno; qui Pambieri ci lascia con un senso di poetica nostalgia, sulle note della Vie En Rose, ennesima beffa del (al) destino. 


1 commento:

  1. Uno zeno sicuramente piú simpatico del corrispettivo cartaceo. Pambieri si rivela in possesso di una grande carica auto-ironica, mi ha catturato e fatto tifare per zeno dall'inizio alla fine.

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