Lo so, dovrei scrivere di spettacoli, film, musica e
divertimenti vari, oggi però vorrei condividere con voi un mio pensiero.
National Geographic - Kayapo |
Leggendo da qualche mese a questa parte il National
Geographic, ma anche informandomi, guardando fuori dalla finestra e cogliendo i
segnali attorno a me mi accorgo sempre più del fallimento di questo sistema. Stiamo
perdendo troppe realtà importanti, dettagli preziosi, saperi e mestieri
antichi. In una parola le tradizioni, quando tutto quello a cui aneliamo sono
un po’ di “foglie tristi” in più, così gli indigeni Kayapò chiamano il denaro.
Non serve solo combattere per le popolazioni che, lontane
migliaia di chilometri da casa nostra, anch’esse stanno tentando di non soccombere
al capitalismo e all’egoismo sfrenato. Guardiamoci dentro, guardiamo alle
nostre relazioni personali, al nostro territorio, al paese Italia. Quanti
sprechi, quante elucubrazioni inutili, quante parole al vento spesso si
spendono in cerca di una soluzione al problema.
E intanto tutto scorre, lentamente il nulla avanza, come
direbbe Atreyu, si macina la cultura autoctona con il passatutto del progresso.
Quanto delle nostre tradizioni davvero stiamo perdendo? Quanto la plastica e l’industria
hanno già tolto al bagaglio di conoscenza tipico dell’artigianato e delle
lavorazioni manuali?
Eppure penso che l’unico modo per rovesciare questa
situazione e ritornare a sperare in un paese in crescita sia proprio quello di
rivalutare e recuperare le nostre peculiari capacità. Dunque puntare non sulla
quantità ma sull’esclusività e la qualità dei nostri prodotti e servizi,
attingere, imparando dagli artisti e mecenati rinascimentali, al nostro comune
passato e conferire il valore aggiunto dell’originalità tipica italiana alla
tecnica. Legare quindi conoscenze sempre più specializzate, tecnologiche e di
avanguardia a sistemi ed elementi pregressi, così da ottenere il massimo
risultato e rivalutare sia l’uomo che il prodotto finale.
India |
Estendendo il discorso ad una visione globale non si può
chiudere gli occhi davanti allo scempio che il denaro sta facendo nel mondo,
non dico di abolire le tristi foglie, ma di razionalizzare la piramide delle
priorità, secondo un principio etico. Quella che adesso crediamo essere una
immensa ricchezza, accumulata a discapito della sofferenza di molti essere
viventi (e del pianeta stesso) finirà col ritorcersi contro, certo non
immediatamente, ma se continueremo ad avere questo ritmo di macellazione delle
risorse e delle popolazioni del globo di certo i posteri ne subiranno gli
effetti.
Ecco perché sono da ammirare lavori come quello condotto da
Jimmy Nelson, fotografo inglese in giro per il mondo a documentare le tribù
sparse qua e là che ancora sopravvivono al consumismo, ma per quanto? Before
they pass away, così si chiama la sua missione, prima che scompaiano del tutto
Nelson cerca di lasciarci un’immagine di quello che presto forse non vedremo
più. Culture che si stanno esaurendo, con tutto il patrimonio di conoscenze
specifiche sviluppato in centinaia di anni, i nuovi indiani d’America.
Namibia |
Per quanto riguarda animali e piante oggigiorno gli zoo, nati
come attrazione turistica per esemplari strappati alla loro terra natia e messi
in gabbia, sono spesso l’unica speranza di sopravvivenza per specie in via di
estinzione, con habitat che rispettano quasi alla perfezione le esigenze varie
ed eventuali. Non più luoghi di tortura quindi ma isole di salvezza, il
salvagente però lo lancia sempre il consumatore, ecco perché è più difficile
tutelare soggetti esteticamente poco gradevoli all’interno di queste strutture:
non costituiscono un’attrazione per il pubblico e quindi non portano entrate di
denaro.
National Geographic - Pantera della Florida |
A questo punto viene da chiedersi cosa noi, nella nostra vita,
potremmo fare, siamo troppo insignificanti, troppo piccoli per poter lasciare
il segno. Penso che questa sia solo una scusa per continuare a crogiolarsi
sotto la calda coperta del consumismo, che ti offre quello di cui (tu pensi)
hai bisogno, adesso senza nemmeno doverti alzare dalla sedia, semplicemente
cercando in internet.
Eppure è proprio qui che si può fare la differenza: nelle
scelte quotidiane, nella cooperazione, nella presa di posizione. Siamo figli
del nostro tempo e ovviamente non dico di tornare tutti nella jungla e mangiare
banane, ma di fare scelte consapevoli, che vanno dal luogo in cui andare a
comprare il pane a quali scarpe indossare, se andare per il centro in auto
oppure in bus, e via dicendo. La nostra piccola parte la possiamo fare con la
raccolta differenziata, con il nostro sostegno alle imprese italiane, all’artigianato
fatto a mano, evitando prodotti che sfruttano persone sottopagate, risorse
planetarie per i viaggi intercontinentali di un’insalata fresca dall’Olanda (ma
non abbiamo contadini a Firenze?), prodotti che non rispettano i diritti umani,
figuriamoci quelli animali.
Himalaya |
Ripartire dalle nostre scelte dunque, al di là di
qualsiasi idea su religione o politica si pensi di avere, è l’unico modo per
salvaguardare, nel nostro piccolo, l’enorme ricchezza del creato, rispettando
così gli altri e noi stessi e costruendo il futuro nel quale, un giorno,
vivranno i nostri figli.
ELICOS - Seduta e tavolo in ceramica e salice intrecciato |
C'era il rischio di scadere nell'ovvio, invece l'articolo colpisce e appassiona. Le immagini poi sono il perfetto contorno, speriamo che tanti possano leggere e prendere ispirazione
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