Sabato 14 dicembre, presso la Simboli Art Gallery in centro a Firenze, si è tenuto un incontro-racconto con il maestro Luca Alinari. All’interno della sua seconda personale, a distanza di un anno dalla passata esposizione Vivo quadri vivi, l’artista stesso ha espresso la volontà di organizzare una chiacchierata con l’osservatore (noi) ed i suoi quadri. Si perché non solo Alinari ci parla dei quadri ma racconta a loro di noi, della vita, in un rapporto simbiotico, quasi che queste tele sentano la sua voce e si impregnino di poesia.
Senza titolo, 2013, acrilico e resine su tela applicata a tavola, 15x170cm |
Gli ultimi lavori / The
latest works, così si chiama questa mostra aperta lo scorso 23 novembre e
visitabile, ad ingresso gratuito, fino al 10 gennaio 2014; alle pareti circa
trenta dipinti pensati e prodotti appositamente per la galleria nel corso di
questo intenso anno artistico che ha visto il maestro impegnato in collettive e
personali, come quella allestita a Palazzo Medici Riccardi lo scorso settembre per
la presentazione del logo sviluppato da Alinari per i Mondiali di Ciclismo,
tenutisi in Toscana nel medesimo periodo.
Senza titolo, 2013 acrilico e resine su tela applicata a tavola, diametro 80 cm. |
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Citando le parole del critico e storico dell’arte Emanuele Greco che ci fanno sentire la poesia di Alinari tracciata dagli strumenti sulle tele: “Oltre agli ormai famosi paesaggi fantastici dai colori gioiosi, si troveranno gli enigmatici ritratti di bellezza neo-rinascimentale, e anche lo splendido ciclo dei fiori (…) Un percorso nell’immaginario d’orizzionte meraviglioso-fantastico dell’artista,(…) opere di “figurazione leggera”, come le definì Crispolti nel 1993, caratterizzate da una cromia vivace e brillante e da una tecnica pittorica originale che combina stesure materiche a raffinate campiture di colore levigato e trasparente.”
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Materia dunque, riempita di colore: i rosa, i verdolini (odiati, dice con ironia l’artista, ma
essenziali), il bianco, il rosso, l’arancio. Ed il blu: intenso, puro, corposo,
trascendente, mi ricorda molto l'oltremare di Yves Klein nelle sue opere monocrome, magnetiche,
elettriche; un fascino incomprensibile mi attira, una condizione aprioristica
di piacere che agisce nel subconscio mi lascia incollata alla tela, ad
osservare i granelli di pigmento che fuoriescono dal quadro e permeano tutta la
composizione.
Senza titolo, 2013, acrilico e resine su tela applicata a tavola, 69x79 cm |
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Vedendo quella giostra di colori attorno a me, e facendone
temporaneamente parte, “voi siete il
quadro” ci ricorda il maestro, mi sarebbe piaciuto chiedergli che valore ha
la percezione a priori del colore sull’osservatore all’interno dei suoi
dipinti? Ci sono relazioni studiate tra
complementari, elementi figurativi e colori puri? Oppure è davvero solo la mano
che esegue. L’estetica gestaltica quanto è influente nel dipinto se accostata al
bagaglio iconografico che ogni persona possiede con la sua particolare
esperienza? Domande che ogni opera artistica ci suscita, ogni messaggio
coadiuvato da un medium ci stimola a porsi.
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“I quadri nascono dallo
sgabello: questo lentamente si scalda, e si inizia a disegnare, se c’è la
piacevolezza nell’atto del dipingere allora la raffigurazione viene da sola, la
mano va e tu non sai fermarla, quando fai un errore cancelli fino a che la
linea non trova il suo giusto percorso, non sai perché lo fai ma continui, fino a che non
trovi la giustificazione della sua esistenza proprio in quel bagaglio
iconografico che la definisce. Dicevamo che il quadro viene da solo, ma con l’artista
dietro, e per farne uno ci vuole l’esperienza di una vita.”
Così Alinari ci
trascina con semplicità, passione, emozione ed umiltà nel suo mondo, così ci fa
capire cosa per lui è la pratica
della pittura, animandosi nel tentativo di far comprendere ad esseri umani che
sono altro da sé il suo rituale pittorico. Vediamo subito la mente dietro a quell’apparente
idillio colorato, quanto studio, quanta gioia di vivere, di mettersi in gioco e
di condividere l’arte cercando il
confronto, il feed back, la reazione nell’altro.
Rispetto al timore reverenziale con cui tutti trattano l’artista,
lui invece è sereno, compiaciuto ma non altezzoso, felice e gioviale con tutti,
non ha paura di esprimersi, di esporsi, di parlare. Spesso, al contrario, chi
fa arte delle proprie opere non vuol parlare, sia per paura di un giudizio, o
per incapacità di estrapolare un concetto plausibile e sensato per aggradare il
pubblico; c’è chi poi invece si vanta, cercando di attribuire ogni tipo di
simbolo e dietrologia al segno. Io credo che, al di là dello studio, l’opera ti
colpisca per quella che è la tua esperienza, il tuo vissuto, ed è giusto che le
impressioni e le letture siano diverse e varie. Alinari preferisce essere
chiamato pittore piuttosto che artista, ci spiega infatti che questa
parola va conquistata, artista è chi, mediante l’opera, consacra i contenuti in
rappresentanza del suo tempo e del suo luogo, ovvero della sua esistenza, opera
che è pregna di esperienze intime e di molte altre cose che sfuggono, ma che
fanno parte di quei particolari di cui non si sa spiegare il perché. Andrea
Simoncini, pittore fiorentino e amico di Alinari, durante l’incontro interviene
mettendo in luce appunto questa spontaneità e gioia di dipingere, la bellezza ed
il gioco presenti nelle opere che ci vengono trasmessi, trasformando anche una
giornata uggiosa in una festa.
“Il quadro deve essere
bello, in ogni fase della lavorazione, dalla preparazione della tela (il B3
appuntato ed il supporto all’altezza giusta) fino disegno e alla stesura del
colore, tutto in ogni istante deve trasmettere al pittore la sensazione di
perfezione estetica.” – prosegue il pittore. “Un quadro è se stesso, non
sono io, appena fatto diventa qualcosa di diverso da me.”
Non solo felicità e arcobaleni, leggendo in profondità le sue
opere, come scrive Emanuele Greco “(…)
infatti, sono portatrici di rivelazioni inquietanti, ovvero, in primo luogo,
dell’impossibilità di una narrazione logica della nostra realtà, fino ad
arrivare ad insinuare il dubbio che l’irrazionalità sia la sola misura della
realtà in cui siamo immersi.”
Pittore della (sua) realtà vissuta, provata, conquistata,
Alinari ci mostra un universo di sagome, colori e materie forte delle citazioni
estrapolate dalla sua cultura di italiano del XX-XXI secolo, dal Trecento al
Barocco, con pazienza ed ironia, tra segni automatici e tratti calibrati, il
tutto sfumato in cromie accese e variegate, come se il mondo intero, reale o
immaginario, si ritrovasse a dialogare nella tela in un girotondo eterno.
Contatti:
Bibliografia:
"Luca Alinari, un anno dopo" Emanuele Greco, critico e storico dell'arte.
Le tele di Alinari sono un vero toccasana in un periodo come il nostro in cui il grigiore e il pessimismo la fanno da padrone. Questa esplosione di colore regala gioia ed allegria.
RispondiEliminaHo particolarmente apprezzato il momento in cui si descrive la preparazione della tela, da l'idea del rapporto che c'è fra pittore e quadro.