martedì 17 dicembre 2013

Gli angeli della Ande

Tempo fa durante una lezione di storia dell’arte una ragazza peruviana ci ha parlato della sua cultura e dell’arte nel suo Paese. La prima immagine che ci mostra è un angelo come quello che vedete qui sotto. Mi rimane subito impresso nella memoria. È così che entro nel mondo del Barocco Andino, proviamo a conoscerlo insieme!

Arcangelo Aspiele

Partiamo alla volta delle Ande del 1600 circa, in un viaggio che va dalla Colombia, all’Ecuador e soprattutto attraversa il Perù. L’America è stata scoperta già da un po’, i conquistadores si sono spartiti i territori e devono trovare un punto d’incontro con le popolazioni locali che non sia legato solo a violenza e armi. Vista la forte cultura cattolica della Spagna e la presenza dei gesuiti e missionari la religione diviene uno dei mezzi per permettere la formazione di un sincretismo tra le diverse culture. Si costruiscono chiese, che necessitano di decorazioni e raffigurazioni che possano comunicare con la popolazione. Inizialmente vengono chiamati artisti europei, soprattutto italiani, che portano con sé lo stile manierista e tardo rinascimentale, ma poi le richieste diventano troppe e cresce la necessità di formare un gruppo di decoratori locali. Da qui ha inizio la pittura meticcia identificata come Barocco Andino, dove si mescolano in modo singolare le diverse influenze.

Sono i gesuiti che chiedono agli indigeni di operare per loro e tentano di trovare un linguaggio iconografico riconoscibile dagli indios. Ecco perché riprendono immagini cristiane come gli angeli, ma li collegano ai fenomeni meteorologici come lampi e tuoni, che erano venerati dai locali. A questi poi si aggiungono simboli agresti tipici del luogo e inseriti per il forte legame delle popolazioni con la Pachamama, ossia la Madre terra che tutti nutre e accoglie. 

Arcangelo Barachiele

Altri oggetti caratterizzanti queste raffigurazioni sono le armi, un attributo non propriamente tipico per i messaggeri di Dio. Infatti con il tempo gli artisti locali si purificano dalle influenze europee e dipingono gli essere alati avvolti in abiti regali ricchi di decorazioni preziose e gioielli, inserendo le armi da fuoco a ricordare che gli angeli sì sono figure buone, ma sono giunti in questa terra con la violenza ed il potere della polvere da sparo. E la conquista violenta e brutale si legge anche nelle pose militari e minacciose, totalmente in contrasto con i volti angelici. L’insieme mi crea una serie di emozioni in tumulto tra pace e tempesta.

La ricchezza delle stoffe e dei gioielli mi ricorda l’Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano (che si trova agli Uffizi, Firenze) e la Cappella dei Magi di Benozzo Gozzoli a Palazzo Medici-Riccardi (sempre Firenze), anche quest’ultima è frutto dell’incontro di due culture diverse: la Chiesa dell’Oriente e la Chiesa dell’Occidente. 


Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano (dettaglio)

I costumi di questi angeli sono bellissimi. Indossano ricchi ricami tipicamente peruviani e gli abiti sono fortemente influenzati dalla cultura spagnola.
Vesti e attributi sono diversi a seconda del tipo di soggetto raffigurato, perché nelle scuole andine esistono diverse serie di angeli, ognuna con le proprie caratteristiche, costituite da Gerarchie, Arcangeli Archibugieri e Musici.

Nelle Gerarchie gli angeli indossano gonnellini femminili, spesso fatti di ricami bianchi delicati che trovo deliziosi e sono ciò che più mi piace di queste figure asessuate. I gonnellini sono accompagnati e in parte coperti da corazze, elmi e scudi delle legioni romane perché sono personaggi identificati come spiriti pronti alla difesa della natura e delle diverse attività umane. Vediamo qui sotto l’arcangelo San Michele che tiene in mano una lancia rivolta verso il basso perché ha scacciato il demonio, rimandandolo a casa propria (gli inferi), mentre nell’altra mano tiene una bilancia per pesare le anime dei defunti rappresentate da una fiammella nera ed una bianca: l’eterna lotta tra luce e oscurità. Rispetto ad altre opere questa è tutta sui toni del marrone e mi rattrista, ma quel pizzo mi fa impazzire. Sembra del tutto avulso dal contesto, ma è quel tocco in più che rende il soggetto indimenticabile. 

Arcangelo San Michele

Altra opera che mi piace molto è l’Arcangelo San Raffaele con predominanza dei toni del rosso, giallo e verde. Il soggetto ci mostra quello che è riuscito a pescare nel fiume alle sue spalle come se fosse appena giunto dal cielo con il mantello rosso ancora svolazzante. I cappelli di questi angeli andini sono meravigliosi: a tesa larga e ricchi di piume e pennacchi, che sembrano diventare fiori. 

Arcangelo San Raffaele

 Gli Arcangeli Archibugieri rappresentano secondo la cultura incaica la personificazione dei defunti che hanno il ruolo di proteggere i familiari e la casa in cui questi vivono. Fanno parte delle milizie celesti e vestono secondo gli usi militari spagnoli dei tempi della conquista, portando con sé l’archibugio (un antenato del fucile) da cui prendono il nome, oppure alabarde o bandiere.

Arcangelo con la bandiera - Bandiera wipala

Tra gli Archibugieri mi sono innamorata dell’arcangelo Uriele. In quest’opera vivo e sento l’atmosfera della colonizzazione, per il contrasto tra le nuvole delicate come il fumo che si uniscono al terreno su cui poggia il protettore e la definizione delle ali e delle vesti ricche di decorazioni. Mi sembra di vedere un esecutore in preparazione, mentre carica la sua arma con spensieratezza derivante dalla quotidianità dell’azione. La veste è maestosa. Le maniche gonfissime sembrano riempite da un tiepido soffio di vento e formano in questo modo un grande ovale che si accosta e scontra con il quadrato di pizzo, più delicato, del colletto.

Arcangelo Uriele

 Gli Arcangeli Musici indossano abiti antichi romani o vesti militari spagnole, ma sono dotati di armi che combattono la tristezza e portano allegria rasserenando l’animo come i violini. Anche in questo caso troviamo una commistione di culture per l’uso a volte di strumenti musicali tipici dell’Europa a volte di quelli delle Ande come l’arpa.

Tra i Musici vi mostro il suonatore di tamburo, ricco di riferimenti al luogo in cui è stato fatto: gli uccelli variopinti, il fiume sempre presente, le ricche decorazioni degli abiti, del cappello e dello strumento.

Arcangelo col tamburo

La scuola più importante è quella di Cuzco, in cui ancora oggi sono attivi dei laboratori in cui gruppi di artisti svolgono specificatamente una parte dell’opera per ottenere lavori collettivi, per questo non sono firmati e non ne conosciamo gli autori. I dipinti contemporanei sono icone riprodotte sempre nello stesso modo dal 1700, anche se con qualche piccola variazione personale, un po’ come per quelle ortodosse russe.

Personalmente mi piace vedere gli angeli interpretati in questo modo e secondo la cultura andina, amo i colori e la mescolanza di influenze artistiche che hanno reso questo risultato possibile. Anche se la base su cui lavorare derivava dall’Europa lontana e per gli americani sicuramente sconosciuta, essi sono riusciti a renderla propria e a far traspirare la loro terra dai supporti attraverso tocchi e visioni che non riesco a collocare altrove. 


Arcangelo Uriele
E voi cosa ne pensate?

3 commenti:

  1. Grazie di seguirci :)
    Ritorna a trovarci, che in futuro ritroverai altri simili!!

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  2. Scusi, ma io non parlo italiano, ma spagnolo. Sono peruviano. Bisogna conoscere le virgine chi chiamamo "mamacha", anche barocco andino.

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