lunedì 16 dicembre 2013

Alinari racconta Alinari


Sabato 14 dicembre, presso la Simboli Art Gallery in centro a Firenze, si è tenuto un incontro-racconto con il maestro Luca Alinari. All’interno della sua seconda personale, a distanza di un anno dalla passata esposizione Vivo quadri vivi, l’artista stesso ha espresso la volontà di organizzare una chiacchierata con l’osservatore (noi) ed i suoi quadri. Si perché non solo Alinari ci parla dei quadri ma racconta a loro di noi, della vita, in un rapporto simbiotico, quasi che queste tele sentano la sua voce e si impregnino di poesia.


Senza titolo, 2013, acrilico e resine su tela applicata a tavola, 15x170cm

Gli ultimi lavori / The latest works, così si chiama questa mostra aperta lo scorso 23 novembre e visitabile, ad ingresso gratuito, fino al 10 gennaio 2014; alle pareti circa trenta dipinti pensati e prodotti appositamente per la galleria nel corso di questo intenso anno artistico che ha visto il maestro impegnato in collettive e personali, come quella allestita a Palazzo Medici Riccardi lo scorso settembre per la presentazione del logo sviluppato da Alinari per i Mondiali di Ciclismo, tenutisi in Toscana nel medesimo periodo.

Senza titolo, 2013 acrilico e resine su tela applicata a tavola, diametro 80 cm.
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Citando le parole del critico e storico dell’arte Emanuele Greco che ci fanno sentire la poesia di Alinari tracciata dagli strumenti sulle tele: “Oltre agli ormai famosi paesaggi fantastici dai colori gioiosi, si troveranno gli enigmatici ritratti di bellezza neo-rinascimentale, e anche lo splendido ciclo dei fiori (…) Un percorso nell’immaginario d’orizzionte meraviglioso-fantastico dell’artista,(…) opere di “figurazione leggera”, come le definì Crispolti nel 1993, caratterizzate da una cromia vivace e brillante e da una tecnica pittorica originale che combina stesure materiche a raffinate campiture di colore levigato e trasparente.”

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Sono proprio queste stesure materiche, come le definisce Greco, che mi colpiscono una volta entrata nella galleria (grazie anche alle luci impeccabili che illuminano perfettamente i lavori, per una volta possiamo fare i complimenti agli allestitori), la dissonanza e insieme l’armonia che deriva dall’accostamento di pigmenti arcobaleno piatti a quelli tridimensionali, insieme al segno della grafite ed il bianco etereo, quasi aureolare, che contorna i soggetti e gli elementi del quadro, ti invitano ad entrare in quel mondo surreale, irreale o iper-reale, come dice Alinari stesso parlando dei segni sulle tele: “Se devo andare dritto allora tremolo con la mano, viene fuori una realtà altra, che poi è la realtà vera, perché nessuno di noi è dritto e tutti vanno storti, il quadro è la metafora della vita.”


Materia dunque, riempita di colore: i rosa, i verdolini (odiati, dice con ironia l’artista, ma essenziali), il bianco, il rosso, l’arancio. Ed il blu: intenso, puro, corposo, trascendente, mi ricorda molto l'oltremare di Yves Klein nelle sue opere monocrome, magnetiche, elettriche; un fascino incomprensibile mi attira, una condizione aprioristica di piacere che agisce nel subconscio mi lascia incollata alla tela, ad osservare i granelli di pigmento che fuoriescono dal quadro e permeano tutta la composizione.


Senza titolo, 2013, acrilico e resine su tela applicata a tavola, 69x79 cm

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Vedendo quella giostra di colori attorno a me, e facendone temporaneamente parte, “voi siete il quadro” ci ricorda il maestro, mi sarebbe piaciuto chiedergli che valore ha la percezione a priori del colore sull’osservatore all’interno dei suoi dipinti?  Ci sono relazioni studiate tra complementari, elementi figurativi e colori puri? Oppure è davvero solo la mano che esegue. L’estetica gestaltica quanto è influente nel dipinto se accostata al bagaglio iconografico che ogni persona possiede con la sua particolare esperienza? Domande che ogni opera artistica ci suscita, ogni messaggio coadiuvato da un medium ci stimola a porsi.


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I quadri nascono dallo sgabello: questo lentamente si scalda, e si inizia a disegnare, se c’è la piacevolezza nell’atto del dipingere allora la raffigurazione viene da sola, la mano va e tu non sai fermarla, quando fai un errore cancelli fino a che la linea non trova il suo giusto percorso, non sai perché lo fai ma continui, fino a che non trovi la giustificazione della sua esistenza proprio in quel bagaglio iconografico che la definisce. Dicevamo che il quadro viene da solo, ma con l’artista dietro, e per farne uno ci vuole l’esperienza di una vita.” 

Così Alinari ci trascina con semplicità, passione, emozione ed umiltà nel suo mondo, così ci fa capire cosa per lui è la pratica della pittura, animandosi nel tentativo di far comprendere ad esseri umani che sono altro da il suo rituale pittorico. Vediamo subito la mente dietro a quell’apparente idillio colorato, quanto studio, quanta gioia di vivere, di mettersi in gioco e di condividere l’arte cercando il confronto, il feed back, la reazione nell’altro.


Rispetto al timore reverenziale con cui tutti trattano l’artista, lui invece è sereno, compiaciuto ma non altezzoso, felice e gioviale con tutti, non ha paura di esprimersi, di esporsi, di parlare. Spesso, al contrario, chi fa arte delle proprie opere non vuol parlare, sia per paura di un giudizio, o per incapacità di estrapolare un concetto plausibile e sensato per aggradare il pubblico; c’è chi poi invece si vanta, cercando di attribuire ogni tipo di simbolo e dietrologia al segno. Io credo che, al di là dello studio, l’opera ti colpisca per quella che è la tua esperienza, il tuo vissuto, ed è giusto che le impressioni e le letture siano diverse e varie. Alinari preferisce essere chiamato pittore piuttosto che artista, ci spiega infatti che questa parola va conquistata, artista è chi, mediante l’opera, consacra i contenuti in rappresentanza del suo tempo e del suo luogo, ovvero della sua esistenza, opera che è pregna di esperienze intime e di molte altre cose che sfuggono, ma che fanno parte di quei particolari di cui non si sa spiegare il perché. Andrea Simoncini, pittore fiorentino e amico di Alinari, durante l’incontro interviene mettendo in luce appunto questa spontaneità e gioia di dipingere, la bellezza ed il gioco presenti nelle opere che ci vengono trasmessi, trasformando anche una giornata uggiosa in una festa.


Il quadro deve essere bello, in ogni fase della lavorazione, dalla preparazione della tela (il B3 appuntato ed il supporto all’altezza giusta) fino disegno e alla stesura del colore, tutto in ogni istante deve trasmettere al pittore la sensazione di perfezione estetica.” – prosegue il pittore. “Un quadro è se stesso, non sono io, appena fatto diventa qualcosa di diverso da me.

Non solo felicità e arcobaleni, leggendo in profondità le sue opere, come scrive Emanuele Greco “(…) infatti, sono portatrici di rivelazioni inquietanti, ovvero, in primo luogo, dell’impossibilità di una narrazione logica della nostra realtà, fino ad arrivare ad insinuare il dubbio che l’irrazionalità sia la sola misura della realtà in cui siamo immersi.”


Pittore della (sua) realtà vissuta, provata, conquistata, Alinari ci mostra un universo di sagome, colori e materie forte delle citazioni estrapolate dalla sua cultura di italiano del XX-XXI secolo, dal Trecento al Barocco, con pazienza ed ironia, tra segni automatici e tratti calibrati, il tutto sfumato in cromie accese e variegate, come se il mondo intero, reale o immaginario, si ritrovasse a dialogare nella tela in un girotondo eterno.








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Contatti:

Bibliografia: 
"Luca Alinari, un anno dopo" Emanuele Greco, critico e storico dell'arte.

1 commento:

  1. Le tele di Alinari sono un vero toccasana in un periodo come il nostro in cui il grigiore e il pessimismo la fanno da padrone. Questa esplosione di colore regala gioia ed allegria.
    Ho particolarmente apprezzato il momento in cui si descrive la preparazione della tela, da l'idea del rapporto che c'è fra pittore e quadro.

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