lunedì 3 febbraio 2014

Chiacchiere Musicali: la Festa delle Scimmie

No, non è un docu-noia su come si divertono i primati, è la traduzione in italiano del nome di una band fiorentina di ragazzi ventenni pieni di energia: i Monkey’s Party.

Oltre ad aver preso parte a qualche concerto, aver ballato fino allo sfinimento sulle note di So Much Easy  e aver urlato con loro “Are you a monkey? Enjoy the party!”, li ho seguiti nella sala prove lo scorso sabato mattina: un garage nel sottosuolo della periferia fiorentina.





Dopo aver fatto ritardo la mattina, mi son fiondata coi ragazzi nel bugigattolo, ci siamo sistemati calibrando le distanze per entrare tutti a mo’ di tetris e finalmente hanno iniziato a suonare: spensieratezza, allegria e voglia di suonare, questo quello che le melodie mi hanno trasmesso. Nessun muso lungo, le canzoni sono invece intervallate da riflessioni su note da cambiare, toni da alzare o da abbassare, ritmi da rallentare ed altri tecnicismi.

La band allo stato attuale è composta da sette membri che sono: Alessio Loru e Irene Caschera alla voce, Matteo Milli alla batteria, Matteo Pini al basso, Alessandro Lonero alla chitarra, Folco Panizza al sax e Alessio Nuti alle tastiere, lui e la cantante sono gli ultimi arrivati, da dicembre infatti seguono le prove e, ormai si può dire, sono di casa (o di garage). I ragazzi, oltre ad aver iniziato facendo cover di canzoni famose, da subito si sono cimentati anche nella composizione di pezzi e adesso vantano una bella rosa di brani propri.


Ho avuto l’opportunità di disturbarli con qualche domanda nel corso della mattinata ed ecco, in breve, cosa è venuto fuori:

Costanza: Monkey’s party, come vi è venuto in mente questo nome? E soprattutto cosa sta a significare?

Monkey’s Party: La risposta più semplice è che non lo sappiamo, no, scherzi a parte, si tratta appunto di una festa, un trip di scimmie, con questo vogliamo dire che le nostre canzoni vi manderanno fuori di testa, vi faranno ballare, vi faranno divertire, insomma ti puoi “sballare” in modo sano venendo ad un nostro concerto e divertendoti con noi dall’inizio alla fine. Il nome inizialmente doveva essere temporaneo, per dare un senso al progetto di un gruppo che aveva appena iniziato a suonare insieme, e con il fatidico “ci penseremo dopo” alla fine è rimasto questo, e ce ne siamo affezionati. Ormai ci rappresenta e…ci garba davvero!


C: Come definireste la vostra musica (se è possibile catalogarla)? Che genere vi rappresenta di più?

MP: Io lo dico sempre, siamo Pop Rock Funky! (Folco), Dancing Rock (Alessio Loru), leva il Pop (Matteo Milli), no ecco siamo Pop Funk Rock (Alessandro). Il fatto è che ci sono varie caratteristiche, sicuramente l’impronta Funk è imprescindibile, per il resto siamo quello che suoniamo.

C: E nello specifico quali sono i generi musicali che voi preferite e che vi ispirano?

MP: Jaaaaaz - risponde prontamente il batterista enfatizzando la “a” - Fusion, Funky, Rock, Disco, Reggae, Pop oltre anche alla Classica.


C: I vostri testi sono tutti in inglese?

MP: Sì, sono tutti in inglese perché così è più facile, se qualcuno durante un concerto si dimentica le parole la gente di certo non se ne accorge!

C: Di cosa parlano le canzoni che scrivete?

MP: La sostanza delle parole è quasi tutta denuncia sociale, come “Banana’s King” ad esempio. In realtà, tranne pochi pezzi pensati per essere più tranquilli e, se così si può dire, leggeri, pensiamo ad “Are you a monkey?”, il resto delle nostre composizioni, ad esempio “Rebuild this world” o “Like a Bird" denunciano e attestano una situazione attuale di disagio in cui si trova il Paese, il Mondo e noi stessi. Attraverso questa lingua, cioè l’inglese, il nostro messaggio viene portato al pubblico in maniera più melodica ma pur sempre diretta, e poi chissà che non si riesca a farci notare da un “esterno”, tanto più che tra poco vorremo incidere un album. Ci rendiamo conto che in Italia si dovrebbe scrivere testi in italiano, però per il genere che facciamo e vedendo come sono accolti dal pubblico altri gruppi simili a noi che non cantano in inglese, risulta molto difficile andare avanti. Sì, l’inglese è musicale, ma lo è, forse anche di più, l’italiano, lingua madre per la poesia, poesia che è metrica e questa è la base della musica (insiste Folco). Rischieresti di cadere nel banale però cantando in italiano. (commenta infine Alessio Loru).


C: C’è qualcuno in particolare che scrive la musica e le parole o è un lavoro di squadra? E, come la gallina con l’uovo, nascono prima i testi o le melodie?

MP: Tutti collaborano, non c’è una regola fissa, molti testi sono stati composti da Alessio (Loru) e da Alessandro, le melodie hanno contributi unitari, ognuno partecipa alla stesura di una canzone. Questa nasce prima di tutto da un’idea singola, e non c’è, anche qui, un modus operandi prestabilito: a volte si parte dalle parole, altre volte dalle note, "Banana’s  King", "One More Shot" e "Are you ok?" (ancora in fase di lavorazione) sono nate dalla musica, "Like a Bird" e "Maria" invece dal testo, alla base c’è comunque un’ispirazione, un intento ben preciso. A volte una melodia viene associata ad un testo da noi già scritto, magari accantonato, che poi viene scelto perché risulta essere perfettamente calzante con le note appena composte.

C: Adesso una domanda scomoda: quali sono le prospettive per una band giovane come la vostra di poter avanzare nel panorama musicale italiano oggigiorno?

MP: Pensavamo che la domanda antipatica fosse: come mai abbiamo scelto Irene? - ironizza il batterista. Domanda di riserva? O sei raccomandato o altrimenti non sperare di proseguire seriamente, comanda chi ha le mani in pasta e basta. Prospettive? Forse di riuscire a suonare all’ Off Bar. Facendo i seriosi, come ci hai chiesto, vogliamo al più presto incidere e diffondere il nostro CD, provando così a farci conoscere in modo più ampio e capillare, il problema è che il panorama italiano in questo momento è saturo, troppo pieno di proposte. Oltretutto non ci sono produttori, non c’è nessuno che sia disposto a scommettere ed investire sul successo di noi giovani, certo grazie ad alcune strutture di partenza ci danno la possibilità di assaggiare questo mondo, ma poi non possiamo fare il salto di qualità, nessuno crede in noi. Manca la continuità, pensiamo ai locali: spesso questi non ti pagano, e se lo fanno è perché o erano musicisti anche loro o conoscono comunque il sacrificio e gli sforzi che una band fa, soprattutto se giovane, per continuare a credere nel proprio sogno.


C: E per concludere, secondo voi qual è il rapporto che ha la musica con le altre arti?

MP: La musica E’ arte, e quindi ha un rapporto naturale con le altre compagne, abbiamo già fatto un unplugged per una mostra di fotografia lo scorso anno, le arti grafiche poi sono ovviamente legate a noi: anche solo creare la locandina dell’evento è arte. Tanti sono i colpi alla cultura ed è inevitabile avere a che fare con designer, artisti, ma ancora meglio chiamiamoli creativi, con i quali intessere rapporti e dialogare.



Le prove son finite e io ho rubato anche troppo tempo a questi giovani talenti, lasciamo loro con un grosso in bocca al lupo e voi invitandovi tutti il prossimo giovedì 6 febbraio 2014 al Combo Club per sentire con le vostre orecchie i Monkey’s Party, parteciperanno infatti ad un contest dove sarà il pubblico a decidere chi vincerà questa sfida, facciamoci sentire allora e diamo il nostro supporto a questi ragazzi! 




Be a Monkey, Enjoy the Party!

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